martedì 30 aprile 2013

persian surgery dervishes

Ascoltando musica esploro nuovi orizzonti. Mi lascio trasportare dalle note che in successione si alternano rasentando la follia. Non ci sono parole dette, scritte, ripetute. Pura strumentalità. È così anche la mia anima in questo momento. Sento il bisogno di esprimermi con i suoni, senza parole che implichino un significato che possa essere configurato in forme conosciute. Niente riferimenti a soggetti realizzati, realizzabili o anche solo concepibili. No. Ho bisogno di altro. Voglio scatenare nuove forme e nuovi contenuti dentro di me. Voglio avere il coraggio di affrontare un nuovo cosmo, di esplorare un nuovo pianeta, conoscerne gli astri, le lune, le cavità più profonde. Anche quelle più difficili, più ostiche e oscure. Voglio scalarne le vette più alte, sentire le vertigine invadere il mio corpo. Respirare l'aria di questo nuovo posto. Spaventarmi per il mancato controllo, liberare l'ignoranza per poterla plasmare e colmare e ancora imprigionarla dentro di me, conservandola con gelosia per il prossimo viaggio.

lunedì 29 aprile 2013

Passa la stagione della pioggia e ritorna. Passano gli uragani e ritornano. Passa la notte e ritorna. L'eterno ritorno delle cose. Noi ci spegniamo a poco a poco, frammenti che si dissolvono nel corso dei giorni. L'unica mia via di scampo è scrivere, e scrivere tutto. Scrivere delle viscere e della solitudine. Scrivere come se l'anima si assentasse in un tentativo di fuga senza ritorno. Come se fosse l'unica cosa realizzabile, l'espiazione della condanna. Scrivere come se le ossa si stessero riducendo in polvere; piccole particelle che nel cambiare stato svanissero. È come se l'unico modo di fermare il tempo, l'unico modo ammissibile di limitare questo ridursi in polvere, fosse la scrittura. L'orologio che segna i minuti e tu consapevole che, nel preciso istante in cui la mano si fermerà, tutta la sua carne cadrà per terra, ineluttabilmente.
Scrivere tutto: il trascorrere delle ore e il respiro. Scrivere i lessemi e i morfemi, iperboli e parabole, e i cateti e le ipotenuse (la somma dei quadrati costruiti sui cateti è uguale al quadrato costruito sull'ipotenusa, c.v.d.). Scrivere il nonsenso dei sensi apparenti. Il buio che non si vede. Il silenzio in mezzo alla confusione. Il riso come reazione alla paura, e la paura come reazione all'incapacità di ridere. Scrivere che ti alzi ogni giorno sapendo che dentro ti stanno morendo cellule ed è come una morte in differita; e devi allontanarti e fare qualcosa, o fare come se niente fosse e aspettare. Scrivere come se fosse l'unica conferma che sei stato qui.

da La viaggiatrice di Karla Suarez